Bob Dylan e una nuova, spaventosa normalità

#consiglidimusica a cura di Davide Bonetti*

Non un fatto storico, questa volta. O almeno, non qualcosa che si trova sui libri di storia. Ma ce lo troveremo, statene certi, già a partire dalle prossime edizioni.
Siamo testimoni di un evento che ha pochi precedenti nella storia dell’umanità; un evento che può vantare il triste primato di aver avuto, e di avere, un impatto inedito, enorme e incalcolabile su tutti gli ambiti della nostra vita: la salute, ovviamente e soprattutto, ma anche l’economia, i rapporti sociali, gli affetti, la psiche, il lavoro.

Uno sconvolgimento epocale destinato a lasciare tracce indelebili nel nostro modo di vivere e di pensare.

Non tutti pagano lo stesso prezzo. Qualcuno è semplicemente costretto a limitare la propria “vita sociale”, rinunciando ad appuntamenti ed eventi “mondani”: spesso si tratta di coloro che si lamentano di più della “privazione della libertà” (come se ne sapessero davvero qualcosa). Poi c’è chi è forzatamente lontano dai propri cari; ci sono coloro che hanno perso l’impiego, o la cui attività ha dovuto chiudere i battenti, e faticano a soddisfare i bisogni delle loro famiglie. Ci sono quelli che i propri cari li hanno persi per sempre, portati via dalla malattia, e che nella maggior parte dei casi affrontano questa situazione con dignità, soffrendo in silenzio, coltivando il proprio dolore anziché sbandierarlo sui social network, anziché lamentarsi per l’ennesimo aperitivo mancato o rimpiangere le sessioni di shopping del sabato pomeriggio.

Tornando ai libri di cui sopra, speriamo che la storia – raramente fedele agli accadimenti, o si chiamerebbe cronaca – abbia almeno la decenza di ricordare i veri martiri di questa malattia, e di celebrarne gli eroi.

Bob Dylan compone “Talking World War III blues” nel 1963, e il brano trova posto su “The freewheelin’ Bob Dylan”, il suo secondo disco, nel quale Mr. Zimmerman – dopo aver pagato il tributo d’ordinanza alla tradizione con l’album d’esordio – mostra di avere le idee già molto chiare, musicalmente e dal punto di vista delle liriche, e scodella i suoi primi capolavori (“Masters of war”, “A hard rain’s a-gonna fall”).
Voce, chitarra e armonica: l’arrangiamento minimale di tutte le canzoni (tranne “Corrina, Corrina” che si avvale di una sezione ritmica, seppur essenziale) obbliga in qualche modo a spostare il focus sui testi, complice il timbro vocale del menestrello di Duluth, marchio di fabbrica iconico finchè si vuole e adorato dai suoi fan, ma tutto fuorché gradevole da ascoltare (la “voce di sabbia e colla”, di cui parlava David Bowie).

“Talking World War III blues” tradisce fin dal titolo la sua origine musicale e si inserisce nella tradizione, resa popolare da Woody Guthrie, di quei brani parlati su un accompagnamento musicale fondato sulla progressione armonica tipica del blues. Metricamente, il brano è basato su quartine a rime baciate, con un quinto verso non in rima che in genere fornisce un commento comico/ironico/lapidario alla situazione descritta.
Come spesso ci capita siamo “giunti” alla scelta del brano per libera associazione di idee. Molto diverso è il contesto storico: siamo nel 1963, all’indomani della crisi dei missili di Cuba, ovvero il momento in cui il mondo è stato più vicino alla terza guerra mondiale (e sarebbe stata con ogni probabilità una guerra nucleare).

Ma simili sono il senso di solitudine (“mi alzo, e cammino su e giù, per la città deserta”), la paura (“suono il campanello di un rifugio anti-atomico, «datemi da mangiare», grido, e mi sparano addosso”) e la diffidenza (“vedo un uomo all’angolo, gli faccio «ehi amico, mi sa che siamo solo noi due», quello si volta, grida e scappa”). Ma più di ogni altra cosa – crediamo – ci riporta a oggi il senso di straniamento e la consapevolezza di vivere una situazione in qualche maniera paradossale: perché sappiamo (soprattutto speriamo) che finirà, ma allo stesso tempo ci pare aver assunto i contorni di una nuova, spaventosa “normalità”.

“Beh, il dottore mi interrompe in quel momento e mi fa: «Ehi, ho fatto lo stesso sogno anch’io! Ma il mio era un pochino diverso sai: ho sognato che l’unico rimasto al mondo ero io… a te mica ti ho visto!»”

Ascolta il brano: https://youtu.be/BiSMrCX2TMU

* Coordinatore settore musica Violet Moon