Un po' di me

"Emanuele Turelli combatte la sua battaglia soda con la passione dell'apostolo da palcoscenico, illuminato da un credo preciso: le parole devono emozionare, informare e formare. Aveva iniziato come giornalista, poi si è scoperto un altro Karma, quello del narratore. Il successo dei suoi monologhi in tutti questi anni gli ha confermato che la diritta via era stata trovata" (leggi l'articolo completo)

Corriere della Sera

 

Questa è la definizione di me che preferisco! Sono autore e interprete di inchieste divenute monolghi teatrali:  "Il coraggio di vivere, la vera storiadi Nedo Fiano" - "Gleno, 1 dicembre 1923" - "Madiba, la vera storia di Nelson Mandela" - "Solchi di Gloria, la straordinaria storia delle sorelle Fanchini" - "report, emozioni fra le macerie" - "Un Santo con la Penna, storia di Don Carlo Gnocchi e altri eroi della Ritirata" - "67... Nelson Mandela". Sono autore anche di sceneggiature non interpretate direttamente da me: "Una ballerina all'inferno" scritta per Marco Cortesi e la sceneggiatura del film "Edith" con regia di Marco Zuin. 

Ho iniziato a scrivere quando ero un ragazzino, ma il primo libro l'ho pubblicato a 24 anni: "Calais, può un uomo cambiare in 35 ore?" (Thelma edizioni), poi ho pubblicato  "report, emozioni fra le macerie" (Compagnia della stampa), "Quella che vi racconto oggi è una storia vera" (Violet Moon), "Il successo è una questione di parola" (Il mio libro), "amici per la pelle" (Etabeta) con prefazione di Jury Chechi.

 
 

Sul tesserino dell'Ordine c'è scritto "professionista" dal 2002, ma io questa cosa di fare il giornalista me la sento sulla pelle da sempre. Ho scritto come cronista per varie testate fra le quali il Corriere della Sera. Ho vinto il primo premio al concorso internazionale di giornalismo "La montagna verso l'Europa" nel 2005 (Premio della giuria nel 2004). Ho ricevuto, nel 2009, l'Attestato di Benemerenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'impegno umanitario. Una delle più belle soddisfazioni della mia carriera è stata essere invitato a firmare con dedica il Libro Storico dell'Università degli Studi di Brescia, dopo essere stato testimonial agli studenti nel corso dell'Unisbday 2015.

 
 

Tutti mi chiamano "storyteller" ma io preferisco "betolér" come mi chiamava fin da piccolo mia madre, mi sembra più schietto e sincero. Mi sento giornalista quando nel mio studio ricerco e scrivo le "mie" storie e mi trasformo in attore quando salgo su un palco per raccontarle. Quando mi chiedono "perchè" lo faccio, rispondo sempre con le stesse parole: "Quando sono salito sul palco per la prima volta, ho capito che quello era il mio modo per cambiare un po' il mondo.... e non sono più sceso!"