La narrazione della straordinaria storia di Edith Eva Eger, giovanissima ballerina ebrea ungherese deportata ad Auschwitz con la sua famiglia, nel maggio del 1944. Edith aveva soltanto 17 anni e si salvò grazie alla sua passione: Mengele, il dottor morte, la risparmiò dopo averla vista ballare nello squallore di una baracca di Birkenau sulle note del "Bel Danubio Blu" di Joahann Strauss
L'emarginazione, le persecuzioni, la deportazione, i campi dell'orrore nazista, le marce della morte, la liberazione... Lo storytelling di Edtih Eva Eger è un condensato di emozioni e aneddoti che si snocciolano nel racconto di Turelli. Lo stroyteller bresciano introduce la storia "giocando" con il valore di una semplice scelta. Ad Edith fu chiesto da Mengele sulla banchina di Birkenau di rispondere ad una domanda della quale non sapeva la risposta. Aveva due possibilità. Ne scelse una. Turelli parte da quella scena, quando lei, la sorella e la madre erano in fila per la selezione appena scese da un carro bestiame dopo avere attraversato Cecoslovacchia e Polonia, nel cortile impolverato di Birkenau. Partono di seguito i flash back alla sua vita precedente a quel frangente: la sua crescita a Kassa, tranquilla cittadina oggi in Slovacchia, l'amore adolescenziale con Eric, compagno nel gruppo di lettura, la preparazione per la squadra olimpica di ginnastica artistica, l'esclusione progressiva dalla vita e dalla società, fino a quella terribile notte del Seder, la Pasqua ebraica del 1944. Dopo il successo de "Il coraggio di Vivere" Turelli torna ad occuparsi della shoah con un'altra, appassionante storia di resilienza e sopravvivenza.
Edith è una ragazzina, quando, nella notte del Pasqua ebraica del 1944 i nazisti ungheresi fanno irruzione in casa sua e la deportano, insieme alle sua famiglia, prima in una fabbrica di mattoni, che diventa il ghetto per 12 mila persone, poi ad Auschwitz, poi a Mauthausen, poi in altri campi delle marce della morte. Il suo diciassettesimo anno di vita, fra aprile del 1943 e maggio del 1945, lo vive nell'orrore del progetto nazista di sterminio degli ebrei ungheresi, che porterà alla morte, in meno di tre mesi, 400 mila esseri umani. Edith si trova nel centro dell'inferno proprio in quei mesi e riesce a resistere grazie alla sua grande passione per la danza. Si fa notare dal terribile Mengele, medico di Auschwitz, che rimane impressionato dalle sue capacità e le dà qualche razione aggiuntiva di cibo. Un espediente che salva la vita alla ragazza. Con la schiena fratturata Edith vive l'evacuazione di Auschwitz e le marce della morte che la porteranno in altri campi, fino alla liberazione, avvenuta casualmente: un soldato americano nota un suo piccolo movimento in una montagna di cadaveri e la estrae da quell'ammasso di morte. Verrà liberata, diventerà adulta e a un certo punto della sua vita sentirà l'esigenza di raccontare quell'orrore...
Emanuele Turelli ripercorre la storia di Edith con il suo stile e la passione narrativa dei precedenti lavori. Snocciola aneddoti che tengono lo spettatore "incollato" alla storia, utilizza alcune, essenziali immagini e lavora sui flash back, mantenendo la scena sempre in un unico frangente: la banchina di Birkenau dove Edith fu costretta, suo malgrado, alla scelta che caratterizzerà tutta la sua vita. Colonne sonore, immagini, racconto e un inquadramento storico condensato in un videofilmato iniziale con immagini documentaristiche e d'epoca. Il racconto porta con sè un grande valore storico (le vicende della seconda guerra mondiale e della shoah emergono dalle parole di Turelli) e un grande valore umano. Nell'ultima parte Turelli svela la "scelta" e lo spettatore comprende la morale della storia: la banalità del male