La prima guerra mondiale è talmente lontana negli anni che sembra divenuta ormai uno sbiadito ricordo. E' il corso dell'evoluzione: più passa il tempo, più il grigio cala sulle gesta umane, anche quelle belliche. Ma non può calare sul tentativo di mantenere in vita il ricordo, attraverso azioni di Memoria. Anche solo per i 10 milioni di vittime militari che quel conflitto provocò. Anche solo per quegli oltre 600 mila ragazzi italiani che perirono difendendo il tricolore. "ADAMELLO, 1916: la battaglia dimenticata" si pone questo obiettivo: ricordare all'opinione pubblica che all'inizio del secolo scorso, sulle montagne che dividono la Lombardia dal Trentino, si sono immolate decine di migliaia di vite umane. E, su quel fronte così anomalo, lo hanno fatto in maniera incredibile, combattendo contro le creste, la neve, il gelo, le valanghe, ancor prima che contro il nemico.
La vicenda
Nella primavera del 1916 la Grande Guerra era iniziata ormai da alcuni mesi e nonostante l'ingresso "tardivo" dell'Italia (10 mesi dopo l'inizio del conflitto), sulle nevi dell'Adamello si consumò una delle pagine più epiche, dolore e tragiche della storia italiana. Nel disperato tentativo di conquistare la conca del Mandrone e la Lobbia, migliaia di soldati italiani mossero dal Rifugio Garibaldi, ingaggiando accesi, aspri e infiniti combattimenti contro l'esercito austroungarico, che difendeva quello che fino a quel momento era stato il suo confine. Una guerra senza soluzione di continuità, che quando lasciava tregua alle armi, comportava il combattimento contro un nemico quasi invincibile: l'insidia di un ghiacciaio. Una guerra di conquista territoriale che andava avanti "cresta dopo cresta". Conquistata una posizione, veniva fortificata e poi lasciata alle spalle per conquistare la successiva. E fra quelle rocce, quel ghiaccio e quella neve, combatterono quei soldati che più di tutti conoscevano l'asperità della montagna... combatterono gli alpini. Fra loro ce n'erano 2 nati a Piazza Brembana, paesello dell'alta valle del Brembo, in territorio bergamasco. Erano fratelli, all'anagrafe, di cognome facevano "Calvi"...
Il racconto
C’è un bimbo che osserva, infreddolito e curioso, un monumento ai caduti della prima guerra mondiale, molti anni fa, in un paesino delle valli bergamasche. Ha accompagnato suo nonno alla parata per il 4 novembre. E a un certo punto, leggendo i nomi sulla stele, si accorge che quatto cognomi, uno sotto l’altro, sono identici. Appartengono ai fratelli Calvi, quattro giovani ufficiali originari di Piazza Brembana. Quel bimbo, crescendo, avrà sempre vivido quello strano ricordo, tanto da far riaffiorare da quei nomi incisi sul marmo, l’incredibile storia di quei ragazzi, 4 alpini. Soprattutto quella di Nino e Attilio, che durante la prima guerra mondiale, combatterono sulle cime del ghiacciaio, guidando i “diavoli dell’Adamello” all’epica conquista di una serie di vette apparentemente indomabili, dalla Lobbia al Monte Fumo, spingendosi fino al passo del Cavento nel tentativo di solcare il ghiacciaio per scendere nelle valli Giudicarie. Imprese epiche, alpinistiche oltre che militari, narrate dal campo base del Rifugio Garibaldi, insieme agli aneddoti di un fronte terribile, a quota 3 mila metri, fra centinaia di cani, pidocchi fastidiosi, un “ippopotamo”, il vino ghiacciato e la battaglia altimetricamente più alta della storia del genere umano…
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